Ma in fondo, non cerchiamo tutti le
stesse cose?
L'unico pensiero che riesce a partorire
dopo tre bicchieri di vino rosso e altrettanti shot di tequila.
Le cicche, non le ha contate; nel fine settimana si concede di non
contare né sigarette né calorie. Francesco se ne sta appoggiato ad
un muretto; Simone e Marco stanno cercando di abbordare una coppia di
amiche fasciate in leggins di similpelle. Sono piantati lì da una
quarantina di minuti abbondanti. A Francesco non interessa; le
occhiate che le due si scambiano dicono palesemente “non ve la
daremo mai”.
Quindi lui se ne sta in disparte. Si
stropiccia gli occhi. La strada è gremita. La gente che passa ha lo
sguardo vacuo. Si muove a grappoli, in cerca di qualcuno da salutare.
Lingua impastata.
“Simo, mi dai un sorso di birra?”
“Sì. Ma tu dammi una sigaretta.”
“Daicazzo, scroccone...un sorso, ti
ho chiesto!”
“Una sigaretta.”
“Affogaci, nella tua birra. Vado a
prendermi un Black Russian.”
Entra nel locale all'angolo, La
Dolcevita, perfettamente
consapevole di stare rischiando: bere un altro cocktail ( 7/10 vodka
e 3/10 Kahlua, ventisette gradi ) significa passare dallo stato
allegroalticcio (ma non troppo) a inequivocabilmente sbronzo.
“Un
Black Russian, per favore.”
Ma tant'è.
Fidiamoci del Drugo, la sapeva lunga, lui...
Torna fuori,
reggendo il bicchiere freddoscivoloso con una mano, mentre con
l'altra si ficca in bocca una Philip Morris. Se la accende. Solleva
il bicchiere.
“Simo,
alla tua salute!”
Simone alza il dito
medio. Persevera nel provarci con la brunetta dalle dita agili –
guardale, come ticchettano le unghie sullo schermo dello smartphone,
zampettano, taggano e postano.
Francesco si
riappoggia al muretto.
E dunque, non cerchiamo tutti le
stesse cose? Non siamo forse qui riuniti, in questo sacro venerdì,
tutti per lo stesso motivo- celebrare la forza divina che spinge le
ragazze ad allungarsi le ciglia col mascara e ad indossare calze
velate che scoprano le loro gambe da puledre? Idolatriamo il loro
innato impulso di camminare ancheggiando, fratelli, per la morbidezza
delle loro spalle, per la sublime perfezione delle loro curve. Sia
benedetta la geometria!
Ecco, o Signore, le tue bestie
affamate.
Dalla cannuccia
sale il sapore della Kahlua. Lui ormai galleggia nel cocktail insieme
ai cubetti di ghiaccio che si stanno sciogliendo, si stanno
sciogliendo, si stanno sciogliendo...
Simone e Marco gli
si avvicinano, Marco gli tira una pacca sulla spalla. Le tipe hanno
preferito continuare a messaggiare su Whatsapp.
I due amici
cominciano a parlare. Di qualcosa. Francesco vorrebbe essere
sinceramente interessato, interagire con loro, intervenire magari.
Invece riesce solo a bere compulsivamente, succhia succhia succhia.
Marco si accende
una sigaretta. Immediatamente viene voglia di fumare anche a
Francesco. Trova che fumare abbia molto più senso di parlare, ora.
Non è estremamente affascinante tenere la sigaretta tra indice e
medio, per poi portarla alle labbra e aspirare? L'estetica del
rituale.
E non è forse vero
che il sapore di tabacco si sposa benissimo con l'alcol?
Sta fissando Marco
con invidia, l'urgenza di imitarlo gli dà il prurito. Si fruga in
tasca, estrae il pacchetto, si accende un'altra Philip Morris.
L'ennesima. Alla seconda boccata si sente quasi soddisfatto. Sorso di
Black Russian- e adesso forse i discorsi dei suoi amici potranno
acquisire un qualche significato.
Il suo ottimismo
finisce assieme al mozzicone; sente le grinfie del tedio nelle
costole.
Decide di cedere al
vizio per scacciarlo. Prende un'altra cicca dal pacchetto continuando
a tacere, sguazzando in un autocompiacimento dionisiaco e solitario,
muto baccante di un festino inesistente.
Ne fuma un'altra e
un'altra e un'altra; il pacchetto e il bicchiere si svuotano. Un
forte senso di nausea gli prende la gola. Sente dei gemiti sfuggirgli
dalla bocca. I conati di vomito aumentano il suo senso di
alienazione.
Che si fotta tutto quanto, che si
fottano tutti, questo bestiame benvestito e profumato che brulica e
rumina senza chiedersi perché- un altro giro di Mojito, un altro
giro!
Ma sul serio cerchiamo tutti la
stessa cosa?
Lo stordimento è nell'aria.
Ubriacatevi di ossigeno, se ne avete
il coraggio.
“France, stai
bene?”
Marco e Simone lo
stanno fissando.
“Credo....”
Enorme fatica articolatoria. Lo stomaco geme sonoramente.
“Ragazzo mio, non
hai più il fisico.... andiamo a prendere un panino, dai...a
quest'ora ci sta da Dio.”
Si incamminano
verso la paninoteca, prendono la solita stradina laterale; nelle
narici arriva forte e corposo l'odore di fritto e di kebab.
Che il banchetto continui; il
venerdì, fratelli, non è ancora finito.