lunedì 5 settembre 2016

OMELETTE ALLA PEREIRA



“Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. […..] E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi gli feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte.”

Di Pereira sappiamo solo il cognome. Sappiamo che è vedovo e in carne. Pereira è il direttore della pagina culturale del Lisboa. Pereira suda molto, per questo ha un piccolo “ventilatore asmatico” nel suo ufficio in Rua de Fonseca. Pereira parla con la fotografia della sua defunta moglie. E’ un appassionato di letteratura francese.  Beve costantemente limonata. Pereira non crede nella resurrezione della carne. Pranza sovente al Café Orquìdea. Non capisce i giochi di potere del regime salazarista e la cieca accondiscendenza dei suoi sostenitori. 
Pereira è fondamentalmente quello che potremmo definire un antieroe: è goffo e alienato dalla realtà, politica e sociale, della sua Lisbona, vive nei suoi ricordi. Il presente e il futuro lo spaventano. Non sfrutta la sua intelligenza e le sue potenzialità per pigrizia. Pereira si rifugia nel suo piccolo mondo sicuro, dove può ripensare a quando faceva il bagno a Coimbra, e dove sua moglie era ancora una ragazza graziosa ma gracile e di salute cagionevole. Vive di vecchie abitudini. Tra queste abitudini, la predilezione di Pereira per le omelettes alle erbe aromatiche. Pereira è un aficionado della frittata, elemento assai ricorrente nel romanzo ( come del resto la limonata). Ecco quindi la ricetta, estrapolata dal ventiduesimo capitolo, delle omelettes alla Pereira: 
 
Per due persone:

-          4 uova
-          Un cucchiaio di mostarda di Digione
-          Origano
-          Maggiorana. 

Si consiglia di accompagnare il piatto con un bicchiere di porto secco. O di limonata.

mercoledì 31 agosto 2016

THE DAY AFTER



-          Il problema- dice, riempiendo il cucchiaino di caffè – il problema, è sempre il giorno dopo. Sempre. In qualsiasi caso. Pensaci. Se hai delle preoccupazioni, e cerchi di distrarti uscendo, vedendo gente o facendo un giro, magari ci riesci e vai pure a letto più sollevato. Riesci a smettere di focalizzare. Ma poi la mattina dopo, quando ti svegli, i problemi sono di nuovo lì che ti rosicchiano le caviglie.- Riempie con cura l’imbuto filtro e pressa la polvere con il dorso del cucchiaio.
-          E’ inevitabile. Inevitabile e fastidioso come le zanzare a luglio. Come la maglietta sudata che ti si appiccica all’ascella. E la mattina dopo, l’angoscia è addirittura maggiore, perché appena sveglio hai quell’attimo di amnesia, di benefica incoscienza, finché all’improvviso non ricordi. Un battito di ciglia, e tutto ti crolla addosso di nuovo.- Mette la moka sul fornello. La fiamma bluastra si riflette nell’alluminio. – Oppure una notte non riesci a dormire - per i motivi più disparati, tipo il caldo o la caffeina o la musica del vicino stronzo- e tu vuoi dormire, e allora ti adoperi per riuscirci, tenti di rilassarti, di astrarti, di non percepire più quelle sensazioni fastidiose e di concentrarti solo sulla consistenza del materasso e del cuscino. Ma- brandisce il cucchiaino – ma a quel punto cominci a pensare, idee e immagini sfrecciano, la mente è una trottola impazzita che non vuole letargo. E tu intanto sei disteso inerme e vuoi solo dormire, ma il tuo organismo non risponde al comando. E le ore passano, ed è sempre più tardi, sempre più tardi, il tuo margine di riposo si assottiglia ancora di più, e ti chiedi sgomento come farai a lavorare il giorno successivo. Allora ti imponi di dormire, supplichi il tuo cervello di dormire, con i nervi straziati dal nervoso e dalla frustrazione e invece niente. Finché- pausa ad effetto mentre abbassa la fiamma -non scivoli nel sonno senza accorgertene, ah che gioia!che gioia! Finalmente immerso in una calda beatitudine! E mentre stai fluttuando in altri cieli, SBAM! SUONA LA SVEGLIA!- Si prende la faccia tra le mani – No no no no no!- Gemiti soffocati. – Ma come, la sveglia? Di già? Fai due conti e realizzi che hai dormito pochissimo. Briciole, inezie. Eppure ti devi alzare, nonostante la notte insonne, la mente lacerata dalla stanchezza e le palpebre di piombo. Vedi allora che è sempre il giorno dopo il problema?- Si gira per prendere due tazzine rosse dalla credenza. – I postumi non sono solo quelli di un ubriacatura. Ogni alba, ogni nuova giornata si trascina con sé dei postumi. L’hangover, se ci pensi, è solo una questione fisica: il buon vecchio cerchio alla testa, lo stomaco incartapecorito, inappetenza, defecazione semiliquida. Situazione fastidiosa ma corporea, che si risolve con una buona dormita. A meno che- riflette, tamburellando il cucchiaino sul palmo della mano – a meno che non si trattasse di una sbronza post-traumatica, diciamo. In quel caso i vecchi tormenti ti salgono su insieme all’acidità di stomaco. E tu sei debole e instupidito, e non puoi che accartocciarti sul divano a ciucciare Maalox e bere acqua, acqua, acqua.- Dal beccuccio fuoriescono sbuffi di fumo accompagnati dall’inconfondibile, delizioso gorgoglìo. – A dir la verità, i postumi – cioè, i postumi da sbronza ludica- mi hanno sempre affascinato. Anche se mi sentivo annientato, ed ero confinato in bagno accanto alla tazza, e avevo un terremoto in pancia, quella nebbia ha sempre avuto un che di onirico.- Versa il caffè nelle tazzine.- Non so spiegare bene perché, non ci ho riflettuto abbastanza. Mi sono sempre interessato di più a quanto stessi da schifo il giorno dopo. Quanto zucchero per te?-
-          Uno e mezzo, grazie.-