“Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno
d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona
sfavillava. […..] E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno
d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il
sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava
sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di
un nitore che quasi gli feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte.”
Di Pereira sappiamo solo il cognome. Sappiamo che è vedovo e
in carne. Pereira è il direttore della pagina culturale del Lisboa. Pereira suda molto, per questo
ha un piccolo “ventilatore asmatico” nel suo ufficio in Rua de Fonseca. Pereira
parla con la fotografia della sua defunta moglie. E’ un appassionato di
letteratura francese. Beve costantemente
limonata. Pereira non crede nella resurrezione della carne. Pranza sovente al
Café Orquìdea. Non capisce i giochi di potere del regime salazarista e la cieca
accondiscendenza dei suoi sostenitori.
Pereira è fondamentalmente quello che potremmo definire un
antieroe: è goffo e alienato dalla realtà, politica e sociale, della sua
Lisbona, vive nei suoi ricordi. Il presente e il futuro lo spaventano. Non
sfrutta la sua intelligenza e le sue potenzialità per pigrizia. Pereira si
rifugia nel suo piccolo mondo sicuro, dove può ripensare a quando faceva il
bagno a Coimbra, e dove sua moglie era ancora una ragazza graziosa ma gracile e
di salute cagionevole. Vive di vecchie abitudini. Tra queste abitudini, la predilezione di Pereira per le
omelettes alle erbe aromatiche. Pereira è un aficionado della frittata, elemento assai ricorrente nel romanzo (
come del resto la limonata). Ecco quindi la ricetta, estrapolata dal
ventiduesimo capitolo, delle omelettes alla Pereira:
Per due persone:
-
4 uova
-
Un cucchiaio di mostarda di Digione
-
Origano
-
Maggiorana.
Si consiglia di accompagnare il
piatto con un bicchiere di porto secco. O di limonata.